Matacchioni Giulio, mio trisnonno (nonno di mio nonno materno) era nato a San Felice alla fine dell' 800 e aveva 6 figli: Mattacchioni Gino, Ezio, Evelino, Giovanbattista, Filomena, Elisa. Era soprannominato "ZAGAGLIA" poichè era balbuziente. Rea un viticoltoree la terra che coltivava, l'aveva in parte ereditata e in parte comprata. Ricoprì il ruolo di consigliere comunale per 25 anni e quello di amministratore del diritto di pesca del lago di Paola, che era, allora, un importante fonte di reddito. Si andava a pescare nel lago poichè non era stato ancora costruito il porto e di conseguenza non c'era un attracco per le barche. inoltre fu fiduciario della banca monte dei Paschi di Siena e per questo istituto selezionava i clienti solvibili. promosse l'apertura del primo sportello bancario al Circeo.
Sposò Petrucci Maria che fu sempre una casalinga e come unico mestiere fece la mamma. Uno dei loro figli, Matacchioni Gino era il mio bisnonno, il padre di mio nonno materno. Era viticoltore e lavorava insieme a suo padre.
Nel 1935 andò a lavorare in Etiopia, a Addis Abeba come operaio poichè lì lo avrebbero pagato meglio. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale lui non potè più tornare in Italia e fu chiamato come militare al fianco del generale Graziani. Durante la guerra fu fatto prigioniero dagli inglesi e fu portato in India, colonia inglese e per sette anni rimase nel campo di prigionia che poteva contare dai 60 ai 100 prigionieri. Per poter comunicare con i suoi compagni utilizzava dei bigliettini trasportati da un cane che lui aveva allevato e curato e che aveva chiamato "UAGLIONE". Nel 1947 tornò in Italia e ricevette una medaglia al valore militare: Mio nonno nacque dopo soli due giorni dalla partenza di suo padre per l'Etiopia e lo conobbe quando aveva già 12 anni e suo fratello maggiore ne aveva 15, per questo ebbero molte difficoltà ad accettarlo. Tornato dalla guerra tornò a fare l'agricoltore. Matacchioni Gino, avendo sposato D'Onofrio Lucia, terracinese, viveva a Terracina prima della sua partenza. Per sfuggire ai bombardamenti a Terracina, la mia bisnonna si trasferì nelle case coloniche della bonifica fascista nei pressi di Sabaudia, con altri concittadini, i figli e alcuni animali. Portarono con loro una mucca che nascondevano sotto un "covone" di paglia poichè i tedeschi facevano razzie di bestiame. A causa della loro povertà, le scarpe venivano fatte con delle parti di gomme di macchine abbandonate.
Una volta, racconta mio nonno, i tedeschi lasciarono incustodita una macchina e, una volta tornati, la trovarono priva dei pneumatici e parte dei sedili poichè mio nonno e altri, glieli avevano rubati per poter fare delle calzature. i Tedeschi andarono nelle case degli sfollati a cercare i responsabili e mio nonno nascose il ladro. Quando la guerra terminò la famiglia si trasferì a San Felice a casa del trisnonno in attesa che Gino tornasse dalla prigionia.
Nel 1947 tornò in Italia e ricevette una medaglia al valore militare, e tornò a fare l'agricoltore. Mio nonno nacque dopo soli due giorni dalla partenza di suo padre per l'Etiopia e lo conobbe quando aveva già 12 anni e suo fratello maggiore ne aveva 15, per questo ebbero molte difficoltà ad accettarlo. I genitori della mia bisnonna erano D'Onofrio Curzio e Lizzotti Ivina. Il primo era contadino, seminava soprattutto grano e possedeva anche dei cavalli che utilizzava per il trasporto della legna o del grano. Viveva a Terracina, dove aveva la terra, e abitava a "Terracina alta" nella piazza detta "Cipollata".
Ceccarelli Agostino (trisnonno materno) nacque alla fine dell'800 a San Felice Circeo. Possedeva dei vigneti e produceva vino Cesanese che vendeva agli stessi sanfeliciani. Era anche contadino e, gli ortaggi che coltivava, li vendeva ai marinai delle navi, che provenivano da Ponza per fare rifornimenti. Coltivava soprattutto pomodori, con i quali faceva una passata di pomodoro che vendeva a dei "carattieri" che andavano in Ciociaria per venderla. Sua moglie, Petrucci Maria nacque alla fine dell'800 a San Felice. Aiutava il marito in campagna nei periodi di maggior lavoro, altrimenti faceva la casalinga. Quando doveva lavorare portava con se anche i suoi figli, fino all'età di sei anni. Per portarli dalla campagna fino a casa, li metteva in una grande cesta che reggeva in testa.
Avevano due figli: Teresina e Antonio (mio bisnonno). Quest'ultimo nacque sempre a San Felice nel 1910 ed era anche lui contadino e lavorava insieme al padre. Possedeva anche del bestiame per uso familiare. Durante la seconda guerra mondiale fu mandato in Russia, ma vi rimase solamente sei mesi. La moglie, infatti, conoscendo il generale Callari, che veniva in vacanza proprio a San Felice, lo pregò affinchè facesse tornare Antonio dalla Russia. Riuscì ad essere rimpatriato ma fu molto fortunato perchè solo due giorni dopo chiusero le frontiere e non tornò nessuno. In Russia riuscì a sopravvivere grazie ad una famiglia che aveva conosciuto sul posto, a cui era simpatico e, oltretutto, questi avevano una figlia che si era innamorata di lui. Patì il freddo e la fame ma riuscì a sopravvivere e fu uno dei pochi fortunati. Una volta tornato riprese a fare il contadino. Fece parte anche della banda locale suonando il "bombardino". Sposò Marzella Elena che aiutava il marito in campagna e faceva la casalinga. Il padre di Elena, Marzella Tommasino faceva anche lui il contadino e tutto ciò che produceva lo vendeva ai paesani o alle navi che giungevano da Ponza. Ha combattuto la prima guerra mondiale in Albania. Sposò Angelina. Lei, prima di diventare sua moglie , era già stata sposata e, dopo essere rimasta vedova con due figli, Agostino a Antonietta, si era risposata con il mio bisnonno. Si era stabilita a San Felice dopo le prime nozze, poichè era figlia di un mugnaio, ed era originaria di Gaeta. Con Tommasino fece altri due figli: Diego ed Elena (mia bisnonna). Mia nonna, Liliana, è nata nel 1939. ha frequentato fino alla quinta elementare poi ha sempre lavorato, prima con i genitori in campagna, poi come mamma e casalinga e, in estate lavora con mio nonno nella gestione dello stabilimento.
Capponi Stefano (trisnonno paterno) portava un orecchino, simbolo di un benestante. Era viticoltore e la vigna era situata in Via Del Colle, in via De Gasperi, al "brecciaro" (vicino la cava) e in via Sabaudia, detta allora"la giuncarella". Piantava anche ortaggi, che utilizzava per uso esclusivamente familiare. Il vino che produceva lo vendeva in parte ai sanfeliciani che possedevano un negozio e in parte nella sua cantina. Per indicare la vendita di vino, si metteva un bastona con, all'estremità, un mazzetto di mirto con due bottiglie di vino, uno bianco e uno nero. Da piccolo assistette a vari scontri con i briganti¹. Si salvò poichè suo padre aveva dato lavoro ad uno di essi, e questo, poichè era stato anche suo ospite, li risparmiò. Aveva cinque figli: Giuseppe, Annamaria, Filomena, Nicolina e Vincenza. Sua moglie, Capponi Carolina Tullia, faceva la casalinga e aiutava il marito in campagna. Il primo dei loro figli, Giuseppe, mio bisnonno, nacque nel 1877, ed era soprannominato "chirine" poichè suo padre portava un orecchino. Suonava il basso nalla banda del paese. Era viticoltore e produceva vino Cesanese e moscato. Quest'ultimo lo vendeva a Roma mentre il cesanese solamente al Circeo. Partecipò alla prima guerra mondiale. Fu spedito ai confini dell'Italia, a Caporetto.
Poichè era viticoltore, ottenne un permesso di quindici giorni per poter coltivare la terra. Quando fece ritorno a Caporetto il suo battaglione era stato sterminato e lui fu inviato a Mantova così, gli disse il generale " fai più presto a tornare a casa". Quando tornò a San Felice riprese il suo mestiere. Aveva otto figli: Felice, Stefano, Amalia, Maria, Mena, Carolina, Firminia, Blandina. Sua moglie Lucci Speranza, nacque nel 1884 a San Felice. Era casalinga e aiutava il marito in campagna. Il padre di quest'ultima era Lucci Vittorio, impiegato come pescatore e guardiano presso il lago di Paola, allora proprietà del barone Giacchetti. Sua moglie, Capponi Amalia, era casalinga e aiutava il marito. Ebbero otto figli: Speranza, Carlo, Domenica, Agnese, Amabilia, Anastasia, Quinto. Mio nonno,
Capponi Felice, nacque nel 1924, era viticoltore. Suonava la tromba nella banda del paese. Fu chiamato per combattere nella seconda guerra mondiale nel mese di aprile e andò a Napoli. Dopo un mese la caserma venne bombardata e fu trasferito a Maddaloni, poi a Pomigliano d'arca poi, finita la guerra tornò a piedi a San Felice. Sulla via di ritorno, i tedeschi gli spararono ma lui fu fortunato poichè portava uno zaino sulle spalle che gli salvò la vita. Quando tornò a San Felice continuò a fare il viticoltore.
¹I briganti di giorno erano lavoratori nei campi, mentre di notte si travestivano e andavano a rubare l'oro che poi mettevano in dei "caldarelli" che poi nascondevano sottoterra... tutti coloro che, durante la notte, si imbattevano i questi briganti venivano uccisi.
Tassini Natale (trisnonno paterno) lavorava come bracciante giornaliero e coltivava un piccolo appezzamento di terra per uso familiare. Sua moglie, Bianchi Cristina, faceva la casalinga. Avevano cinque figli:
Faustino, Cristina, Adelaide, Lisa e Tito. il loro primo figlio, Faustino, nacque nel 1888 a San Felice. Suonava il "pistolino" (una piccola tromba).
Partecipò alla prima guerra mondiale e fu inviato ai confini dell'Italia.
Finita la guerra si recò in America per cercare la voro come operaio.
Rimase lì per tre anni. Una volta tornato in patria, si sposò con Natalina, da cui ebbe due gemelli. Sia la moglie che i figli morirono di Spagnola.
Dopo due anni si risposò con Maria, con la quale ebbe sei figli: Natale, Elisa, Assunta, Amerigo, Rosa e Cristina. Comprò un appezzamento di terra e vi piantò la vigna, fece il viticoltore, come mestiere, e anche il contadino per la famiglia. La mia bisnonna, Capponi Maria, nacque nel 1894, fu casalinga e, nei periodi di maggior lavoro, aiutava il marito in campagna. Suo padre, Capponi Giovanni, lavorava come operaio giornaliero in campagna. Possedeva un piccolo appazzamento di terreno che coltivava per la famiglia. Sua moglie, Tetaro Olivia, aveva sei figli: Alberto, Raffaele, Gregorio, Maddelena, Maria e Pietro. Mia nonna, Antonia Assunta Tassini, lavorava con i suoi genitori in campagna fino a che ha conosciuto mio nonno. Poi si è dedicata sempre alla casa e alla famiglia.
Chiara Capponi